SOVRANA DI MOLTI MONDI. L’INFLUSSO DELLA REGINA VITTORIA SULL’IMMAGINARIO DI EMILY BRONTЁ di Sara Grosoli

   


    A prima vista un accostamento tra Emily Brontë e la regina Vittoria appare incongruo agli occhi dei più: mentre Emily creò scalpore nel mondo letterario scrivendo un romanzo che fu bollato come “pagano, volgare e repellente”, Vittoria incarnò l’istituzione monarchica britannica sforzandosi di mantenere quel contegno modesto e decoroso che la società borghese ottocentesca richiedeva alle donne. Barriere sociali insormontabili si frapponevano tra queste celebri donne e, se anche avessero potuto conoscersi, inconciliabili differenze intellettuali e temperamentali avrebbero impedito una reciproca comprensione. Eppure un filo segreto unisce la grande scrittrice inglese alla sua regina.

   Dalle scarse tracce documentali in nostro possesso emerge uno spiccato interesse[1] di Emily Brontë per la ragazza, più giovane di lei di un solo anno, che era salita al trono britannico. Nell’appunto di diario datato 26 giugno 1837 la scrittrice rileva che in quel mese Vittoria era stata proclamata regina di Gran Bretagna.

   Sicuramente la scrittrice fu colpita dal contrasto tra la situazione della sua illustre coetanea e la propria dipendenza dai voleri della famiglia: nella stessa pagina di diario è registrato l’imperioso comando della zia Elizabeth Branwell che richiama Emily a sbrigare qualche lavoro domestico.

 È possibile che l’immagine di un potere femminile esercitato autonomamente abbia contribuito alla creazione del personaggio della regina di Gondal Augusta Geraldine Almeda, la protagonista di una saga in prosa e in versi la cui creazione impegnò sia Emily che Anne nel corso di tutta la loro vita: Augusta è una donna passionale e a tratti spietata, che lotta per sopravvivere contro le congiure dei suoi nemici politici.

   Secondo la studiosa Fannie E. Ratchford la poesia The organ swell the trumpets sound, datata 30 settembre 1837, descrive l’incoronazione della regina nella cattedrale di Gondal.

   La stessa Catherine Earnshaw in Cime Tempestose è ritratta, in forza del suo carattere dispotico e violento, come dominatrice assoluta dei fati di tutte le persone che la circondano. Persino dopo la sua morte regna incontrastata sulla brughiera, spaventando gli abitanti locali con le sue spettrali apparizioni.

   L’interesse della scrittrice per la regina Vittoria continuò nel corso degli anni. Con affettuosa ironia (dico affettuosa perché ogni lettore conosce il fortissimo amore che legò Emily Brontë al mondo animale) le oche domestiche ospitate alla canonica di Haworth furono chiamate Vittoria e Adelaide. Quest’ultimo era il nome della precedente sovrana inglese, consorte di re Guglielmo IV.

   Essendo a conoscenza della visita di stato che Vittoria aveva fatto a Bruxelles nel novembre del 1843, Emily chiese a Charlotte, che a quel tempo risiedeva nella capitale belga, un resoconto dell’evento. Charlotte così rispose: “Mi chiedi della visita della regina Vittoria a Bruxelles. L’ho vista per un istante, rapido come un lampo, mentre passava per la rue Royale in un tiro a sei circondato da soldati. Rideva e parlava molto allegramente. Ha l’aspetto di una vivace signora, alquanto corpulenta, vestita molto semplicemente senza gran dignità né pretesa. Ai Belgi, nell’insieme, è piaciuta abbastanza. Dicono che ha dato vita alla cupa corte di re Leopoldo, che solitamente è luttuosa come un convento.”

   Questa descrizione assai poco lusinghiera probabilmente fu influenzata dalla posizione ideologica della scrittrice: sappiamo che Charlotte fu sempre un’accesa sostenitrice del partito conservatore, mentre la regina Vittoria nella prima parte del suo regno mostrò una marcata predilezione per i governi di orientamento liberale.

   E’ noto, invece, che la regina lesse due volte Jane Eyre: la prima volta nel 1858, quando lesse il romanzo ad alta voce al marito Albert, e la seconda nel 1880. Non è un caso che Vittoria, con i suoi ferrei principi morali, abbia letto il libro solo dopo la morte della scrittrice, quando la rigorosa biografia scritta da Elizabeth Gaskell dissipò l’alone di scandalo che aveva accompagnato un decennio prima l’esordio di Charlotte nel mondo letterario londinese.

   Paradossalmente fu proprio Charlotte, in seguito al vastissimo successo raggiunto dai suoi libri, a entrare in contatto con l’entourage reale. Alla conferenza letteraria tenuta il 29maggio 1851 da W. P. Thackeray, il suo scrittore preferito, Charlotte si trovò accanto a Harriet Elizabeth Georgiana Levson Gower duchessa di Sutherland, Guardarobiera reale in carica durante le amministrazioni liberali e grande amica della regina Vittoria. La duchessa aveva una forte coscienza sociale e nel 1841 aveva chiesto di visitare l’innovativo Training College di Battersea, un istituto creato per favorire l’istruzione delle classi subalterne da Sir James Kay-Shuttleworth. Quest’ultimo era un filantropo e proprietario terriero del Lancashire che, a partire dal 1850, divenne amico di Charlotte ospitandola spesso nella sua residenza di Gawthorpe Hall, portandola in viaggio nel Lake District e presentandole la sua futura biografa Elizabeth Gaskell.

  Nella stessa occasione mondana, scusandosi per il proprio ardire, il fratello della duchessa, il conte di Carlisle, corse a presentarsi a Charlotte. Il conte era rappresentante parlamentare per il distretto occidentale dello Yorkshire e lottava per migliorare le condizioni sanitarie delle città. Nel corso di un raduno politico a Haworth aveva avuto modo di conoscere il reverendo Brontë. La sua curiosità nei confronti di Charlotte era motivata dal fatto che nutriva ambizioni letterarie e sperava un giorno di diventare anch’egli un celebre scrittore.

   Alcuni giorni più tardi Thackeray partecipò insieme a Charlotte ad una cena a casa dell’editore George Smith e raccontò ai presenti di essere andato quel pomeriggio a fare visita a varie nobildonne che si stavano preparando per un ballo in costume organizzato dalla regina Vittoria: si era nel pieno della season londinese e la regina aveva pianificato un ricevimento a cui gli ospiti avrebbero dovuto presentarsi vestiti con costumi ispirati alla moda in vigore durante il regno di Carlo II.

Charlotte commentò: “[Thackeray] mi ha offerto due o tre volte di presentarmi ad alcuni dei suoi importanti amici, e dice di conoscere molte nobili signore che mi riceverebbero a braccia aperte se andassi a casa loro; ma, seriamente, vedo che questo genere di frequentazioni non produce su di lui un effetto buono abbastanza da indurmi anche solo minimamente a fare il medesimo esperimento, così rimango nell’oscurità.”

   Charlotte non mostrò un grande entusiasmo per la celebre Grande Esposizione, una manifestazione ideata su progetto dello stesso principe Albert. Scrisse che non sapeva come facessero “i londinesi a non stancarsi di questa vasta fiera delle vanità” e definì il Crystal Palace come “un incrocio fra un gran bazar e il palazzo dei Genii”.

   L’unica nota di simpatia per Vittoria è rintracciabile in una lettera del 1850, nella quale Charlotte mostra di condividere con la sovrana l’amore intensissimo per le bellezze naturali della Scozia: “La regina ha avuto veramente ragione di scalare il Seggio di Arturo, insieme con il marito e i suoi figlioli. Non dimenticherò mai quello che provai quando, avendo raggiunto la vetta, ci mettemmo tutti a sedere e lasciammo spaziare lo sguardo sulla città – verso il mare e Leith e le colline di Pentland.”

   Anche se avesse avuto la possibilità di frequentare la società londinese, Emily non si sarebbe lasciata indurre a farlo.
In una lettera datata 15 febbraio 1848 e indirizzata a Mr Williams, lettore della sua casa editrice, Charlotte scrisse: “Mi piacerebbe molto – davvero tanto – poter formulare quel giudizio sereno sul «gran mondo» cui Lei allude, ma sino ad ora non mi sono conquistato il diritto di concedermi questo lusso: lo farò in futuro – quando, non so. Immagino che Ellis[2] si ritirerebbe subito disgustato dallo spettacolo. Non penso che faccia suo il credo in base al quale «l’oggetto di studio consono all’umanità è l’uomo» - almeno non l’uomo artificiale che vive nelle città.”

   In realtà l’unico regno cui Emily Brontë fosse veramente interessata era quello della propria immaginazione, sul quale regnava come sovrana assoluta.




L'autrice dell'articolo
Sara Grosoli è docente di lingua inglese e russa. Nell’ambito di un’appassionata ricerca sulle sorelle Brontë, ha tradotto e curato le seguenti opere: le lettere di Charlotte Brontë Ho tentato tre inizi. Lettere 1847 -1853 (L’Iguana Editrice), gli scritti di Anne Brontë A Soul So Near Divine (Amazon Kindle Direct Publishing), i saggi di Emily Brontë Re Harold prima della battaglia e altri scritti (Amazon Kindle Direct Publishing), e le lettere di Mary Taylor Dal nuovo mondo. Lettere a Charlotte Brontë (Amazon Kindle Direct Publishing).



Note

[1] Per un’ipotesi di lettura delle tendenze filomonarchiche di Emily Brontë rimando alla mia prefazione alla raccolta di saggi di Emily Brontë Re Harold prima della battaglia e altri scritti (Amazon Kindle Direct Publishing).
[2] A quell’epoca le sorelle Brontë continuavano ad usare gli pseudonimi maschili con i quali avevano firmato i loro romanzi.






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